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Elsa su DipiùTV nr 29 del 26/07/11

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2011 18:47
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Da un anno sono mamma di questa dolcissima bambina vietnamita.


Elsa su DipiùTV nr 29 del 26/07/11



Da un anno sono mamma di questa dolcissima bambina vietnamita.

di Gianni Martinelli Roma, luglio 2011


Ha voluto aspettare un anno prima di raccontare la gioiosa novità della sua vita. E ora lei, Elsa Di Gati, volto popolare della TV che ha condotto per otto edizioni, fino allo scorso anno, il programma di RaiTre Cominciamo bene con Fabrizio Frizzi e Rita Forte, confida a DipiùTV: «Ho tanto desiderato diventare mamma e finalmente, a giugno dello scorso anno, mio marito e io abbiamo adottato una dolcissima bambina vietnamita, Laura. Un anno per certi versi trascorso velocemente, ma per altri anche delicato. Lei ci ha messo mesi ad ambientarsi, a sentirsi a casa. E noi ci siamo concentrati su di lei, trovando insieme il nostro equilibrio di genitori, la tranquillità. E ora sì, credo che sia il momento giusto per raccontare fino in fondo la storia di un sogno realizzato».
Elsa Di Gati ci accoglie nella sua casa romana, dove vive con il marito, il giornalista Claudio Rizza, e Laura, una bambina vivace, di quattro anni e mezzo. «Lei è tutto per me», rivela Elsa «da quando l'ho portata via da un istituto vietnamita e, guardando i suoi occhioni neri, le ho detto: " Ora la mia ragione di vita sei tu" ».


Elsa, mi racconti dall'inizio...

«Una premessa: mio marito e io, dopo quattro anni di matrimonio, ci siamo dovuti arrendere alla natura. Non riuscivamo ad avere figli. Così, siamo ricorsi all'adozione, convinti che fosse giusto allargare la nostra famiglia per essere più felici. Abbiamo presentato la domanda di adozione nel settembre 2004 presso il Tribunale di Roma. Ed è cominciato un percorso piuttosto estenuante: colloqui con assistenti sociali e psicologi che dovevano valutare me e mio marito, la nostra stabilità come coppia, le nostre condizioni economiche, le nostre motivazioni. Poi gli esami clinici, per dimostrare che godessimo di buona salute. Insomma, solo dopo un anno e mezzo abbiamo ottenuto il "decreto di idoneità" per l'adozione».


E poi che cosa avete fatto?

«Abbiamo optato per l'adozione internazionale e, attraverso un'associazione, siamo stati inseriti in una lista d'attesa. Abbiamo aspettato: giorni, mesi, anni. Ogni volta che squillava il telefono, ci precipitavamo a rispondere con il cuore pieno di speranza. Ma poi le speranze venivano sempre deluse. Ogni tanto chiamavamo noi per avere notizie. Nulla. Ma eravamo comunque fiduciosi. Poi, però, è arrivata la batosta».


Di quale batosta parla?

«Nell'ottobre 2009, l'ente cui ci eravamo rivolti ci ha informato che in Cambogia, il Paese con cui erano in contatto, era stata emanata una legge che bloccava le adozioni internazionali. Così, dopo tante speranze, sono sprofondata in un cupo sconforto. Lo ammetto, mi sono detta: "Basta. Rinuncia al tuo sogno, Elsa". Il giorno dopo, però, ci ho ripensato e ho ripreso la mia battaglia. Ho chiamato un'associazione che era in contatto con il Vietnam. Ma ero sfiduciata, quasi non ci credevo più, quando...».


Quando?

«Era il 31 marzo dello scorso anno e non lo dimenticherò mai. Avevo pranzato da mia madre, la stavo salutando, erano le tre del pomeriggio. Mi e squillato il cellulare. Era la presidentessa dell'associazione: "Elsa, sei seduta ?" mi ha chiesto. E già a quella domanda il cuore ha iniziato a battere come un tamburo. "Se sei a casa, accendi il computer e controlla la posta elettronica, così puoi vedere il volto di tua figlia". Sono scoppiata a piangere. E, mi creda, faccio fatica a trattenere le lacrime anche adesso, rivivendo quegli attimi. Mi sono precipitata a casa, ho acceso il computer e ho visto la fotografia della mia piccola".


Che emozioni ha provato vedendo il visino di quella che stava per diventare sua figlia?

«Allora... mi faccia fare un bel respiro. Non so che parole usare per descrivere quello che avevo nel cuore... Erano anni che aspettavo, e non era passato giorno in cui non avessi provato a immaginarmi i suoi occhi, il viso, le mani. E ora... eccola lì. Quando mio marito ha visto la foto, ci siamo abbracciati. Poi abbiamo letto il suo nome vietnamita: Vo Hong Li Na. Pronunciandolo, sembrava di dire "vongolina". Mio marito, appassionato di pesca, mi ha detto: "Vedi, amore? È un segno del destino"».


E quando siete partiti per andarla a prendere?

«Il 5 giugno 2010 siamo saliti su un aereo per Hanoi, la capitale del Vietnam. Eravamo emozionati, ma anche preoccupati. Ci avevano avvisato: ci sono casi in cui il bambino rifiuta i genitori adottivi. Non ci volevo neanche pensare, ma è con uno stato d'animo contrastante che ci siamo presentati al nostro primo incontro con Laura: sì, ormai parlavamo di lei con il nome italiano che le avremmo dato».


Mi racconti, allora, questo primo incontro, Elsa.

«Era in una stanza con altri bambini, ma lei, di tre anni e mezzo, stava per conto suo, seduta a terra, e mangiava un’anguria. I responsabili dell'istituto ci hanno detto che non si lasciava avvicinare da nessuno. Io mi sono accostata piano piano, mi sono seduta accanto a lei e ho iniziato a prendere pez-zetti di anguria con le mie mani e a imboccarla. Dopo pochi istanti, mi abbracciava e non voleva più lasciarmi andare. E io, lo dico anche se Dio non mi ha fatto il dono di provare questa sensazione, mi sono sentita come una mamma che dopo il parto tiene stretta al petto la sua creatura, la sua testolina appoggiata sul mio cuore».


E poi, finalmente, l'avete portata con voi a Roma...

« Sì. E, nonostante la gioia immensa perchè Laura era con noi, i primi tempi sono stati duri, forse pure più di quanto pensassimo. Io, anche in considerazione del fatto che Cominciamo bene era stato cancellato dai palinsesti, ho preso un permesso maternità per dedicarmi solo a Laura».


Quali sono stati i problemi maggiori?

«Ogni cosa che Laura vedeva attorno a sé era una novità assoluta. Arrivati all'aeroporto di Fiumicino, si guardava attorno spaesata per tutte quelle persone, si teneva stretta a me. Non lasciava mai la mia mano, come se si fidasse solo di me, e ogni volta che la stringeva era come se mi dicesse: "Ti prego, non lasciarmi, proteggimi..."».


Laura ha instaurato subito un legame così forte anche con suo marito?

«No, con Claudio no. Anche perché Laura non aveva mai avuto una figura maschile accanto. Pochi giorni dopo il nostro ritorno dal Vietnam, siamo andati alla Rai perché avevo un appuntamento di lavoro. Ho lasciato Laura al papà in macchina ma lei non voleva saperne. Ho dovuto insistere, prenderla in braccio, coccolarla. L'appuntamento è durato a dire tanto mezz'ora, ma quando sono tornata l'ho trovata attaccata al finestrino: il viso era contratto dalla paura. Solo quando mi ha visto si è disteso. E in più c'è stato il problema della lingua: uno scoglio».


Come lo avete superato?

«All'inizio è stata durìssima. Lei voleva esprimersi, voleva comunicare con me e con mio marito, ma non ci riusciva. E allora ogni cosa, ogni piccolo bisogno, la faceva stare male. Noi l'abbiamo presa con pazienza: all’ inizio comunicavamo a gesti, cercando di insegnarle le prime parole di italiano. Per fortuna, a quell'età i bambini sono come spugne: assorbono e apprendono facilmente le cose. E così, in pochi mesi, Laura ha iniziato a imparare le prime parole della nostra lingua e non si è fermata più».


E, una volta che avete iniziato a capirvi, le difficoltà si sono attenuate?

«È stato un cammino graduale, ma Claudio e io le siamo stati sempre accanto, per non farla sentire sola. La notte piangeva molto».


Perché piangeva? Forse ripensava alla sua vita in Vietnam, aveva nostalgia?

«Io credo che piangesse per la paura che la stessimo abbandonando, e si calmava quando la facevamo venire con noi nel lettone. Solo una volta ha dello qualcosina sul Vietnam: stavamo guardando un film ambientato in quel Paese. Lei ha indicato una casa su una palafitta, Io, immaginando che prima di essere portata nell'istituto, avesse vissuto in una casa come quella, le ho chiesto: "Tu prima stavi lì?". "Sì", mi ha risposto "con due signore. E poi sono andata nella casa dei bimbi". Ma era serena, non sembrava che rivivesse un'esperienza traumatica».


Insomma, con il passare dei mesi, Laura si è finalmente ambientata...

«Sì, E in questo è stato decisivo il suo inserimento all'asilo lo scorso settembre: temevo che avrebbe fatto una tragedia quando l'avrei lasciala lì, e invece ha subito legato con gli altri bambini e si è messa a giocare con loro. Questo le ha permesso di capire che, oltre a noi genitori, ci sono anche tante altre persone che le vogliono bene. E, tra queste, ci sono anche le persone de! mio mondo, quello dello spettacolo».


Chi, in particolare?

«Flavio Insinna, per esempio, suo padrino di battesimo. Lei lo vedeva sempre in TV, ogni volta che c'era Ho sposato uno sbirro glielo indicavo e le dicevo; "Lo vedi? Quello è lo zio Flavio". E lei provava a ripetere il suo nome, ma lo chiamava "zio Fragolo". Anche Fabrizio Frizzi viene a trovarci spesso. Quanto l'ho "tartassato", negli anni, mentre aspettavo il via libera sull'adozione! La prima volta che ha visto Laura mi ha abbracciato e mi ha detto: 'Te lo sei meritato". Si, ora posso dirlo: sono felice, felicissima. E sono anche pronta a tornare a lavorare dopo l'estate. Da settembre sarò ogni mattina su RaiTre: condurrò uno spazio dedicato all'economia all'interno del programma di Michele Mirabella Apprescindere».

Come si organizzerà con Laura?

«Al mattino, quando sarò in diretta, lei sarà all'asilo. Poi mi organizzerò per conciliare i miei impegni, le riunioni, con le sue esigenze. Finora ho avuto la fortuna di potermi dedicare a tempo pieno a mia figlia, ma anche adesso che ritornerò in TV la mia vita continuerà a ruotare attorno a lei».

Gianni Martinelli


Le scansioni dell'intervista










NB: questa intervista è presente anche in Link utili per conoscere Elsa [pag 04]



[Modificato da simmax 24/07/2011 19:14]
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