Elezioni a rischio?

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kikazze
00mercoledì 2 aprile 2008 15:16

Era già notevolmente affollata la scheda elettorale del 13 aprile. Eppure si dovrà trovare altro spazio per fare posto a un ulteriore simbolo: la Dc di Giuseppe Pizza. Che una decisione a sorpresa del Consiglio di Stato ha riammesso nella competizione elettorale. Il simbolo era stato inizialmente escluso dal Viminale (lo scorso 4 marzo) perché giudicato troppo simile, con lo scudocrociato in campo blu invece che in campo bianco, a quello di un altro piccolo partito della galassia democristiana, la Dc di Angelo Sandri.
Poche righe quelle del Consiglio di Stato, ma dal contenuto fondamentale: le controversie relative alla fase antecedente le elezioni “devono ritenersi rientranti nella giurisdizione del giudice amministrativo”, mentre la cosiddetta giurisdizione domestica, di cui sono competenti le Camere, riguarda solo la verifica dei titoli di ammissione dei componenti.
E ora, al di là dell’angolino da ricavare sul lenzuolo elettorale, che cosa accadrà? Il segretario Pizza, non ha dubbi: “Adesso, spetta al governo ed al ministro Amato rimetterci in condizione di svolgere la campagna elettorale, al pari di tutti gli altri partiti. Restiamo convinti” ha aggiunto Pizza “che molto non funzioni nel sistema politico-istituzionale”.
Già, perché per effetto dell’ordinanza dei giudici di Palazzo Spada, la Dc di Pizza pur riammessa, avrà tuttavia meno di 15 giorni (contro i 30 previsti per legge) per fare campagna elettorale con i suoi candidati al Senato in 15 Regioni e le schede elettorali già pronte per la stampa. Senza contare che lo scudocrociato si aggiunge alla nutrita schiera di simboli disposti in linee orizzontali (senza distinzione tra forze di destra e di sinistra ma secondo l’ordine dettato dai sorteggi) e con i loghi dei partiti collegati che vengono inglobati in un unico contenitore: è il modo in cui si presentano le schede per le elezioni di Camera e Senato del 13 e 14 aprile. Un “lay out” già visto nel 2006 (da allora la legge elettorale è rimasta la stessa) ma che è finita al centro di polemiche.
A bocciare per la prima volta era stato l’ufficio elettorale del Viminale il simbolo della Democrazia Cristiana di Giuseppe Pizza, insieme a quello della Dc di Sandri. Tutti e due presentavano ricorso in cassazione, e l’8 marzo all’ufficio centrale elettorale, presieduto da Giovanni Pristipino, li respingeva entrambi. Pizza si è allora rivolto al Tar, sostenendo la illegittimità dell’esclusione. Il tribunale Amministrativo, però, a sua volta respingeva il ricorso. Quindi il ricorso al consiglio di Stato e la conseguente decisione.
Un nodo, quella del simbolo della Democrazia Cristiana, che si trascina da tempo (anche in sede legale), e non solo tra Pizza e Sandri, ma anche contro l’Udc di Casini, visto che lo stesso Piazza, la settimana scorsa ha chiesto agli ufficiali giudiziari di sequestrare il simbolo dello scudo crociato utilizzato dall’Udc.
Grande questione tra piccoli partiti, dunque, che ora però potrebbe rimettere in gioco addirittura la data del voto: alla faccia di chi pensava che non sarebbero più stati determinanti.


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