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Ultimo Aggiornamento: 04/02/2015 23:03
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06/07/2011 00:07

Kirkwood, il nuovo re delle scarpe
Quando nel 2008 Pollini decise di ingaggiare l’allora semi sconosciuto Nicholas Kirkwood come consulente stilistico dello storico marchio, la cosa non creò troppo clamore. Pollini aveva bisogno di cancellare qualche ruga, e cosa c’è di meglio per un'azienda di moda con più di cent’anni di storia, di un giovane ispirato le cui uniche rughe sul volto sono quelle lasciate dal cuscino? Operazione, si sa, già collaudatissima in Francia da numerose Maison. Negli ultimi mesi però le scarpe firmate da Kirkwood sono apparse, tra gli altri, ai piedi di Sarah Jessica Parker e Michelle Obama, al posto delle consuete Manolo Blahnik. Assai probabile che i Manager di Pollini si siano sfregati le mani intuendo il colpo. Perché il tedesco Nicholas Kirkwood, 31, oggi è considerato la forza creativa più interessante sulla piazza internazionale. Tanto forte, che a fine settembre da Pollini presenterà anche la sua prima collezione donna, oltre all’impegno che continuerà a mettere alle fashion week di Parigi e Londra con le sue collezioni Kirkwood. Per non parlare della sua nuova boutique monomarca nell’esclusiva Mount Street a Londra, una casa in mattoncini rossi con la piccola scritta Kirkwood, sulla porta, a un passo da Stella McCartney, Vivienne Westwood e Miu Miu.

Vincitore dei prestigiosi riconoscimenti Who’s Next 2007, Footwear Designer of the Year 2008 e da ultimo il WGSN Award, i suoi stiletto nero azzurri (14 centimetri) sono stati selezionati da Vogue America come il paio di scarpe più desiderato dell’autunno inverno 2010. Il successo di Nicholas Kirkwood segue il noto copione del mix fortuna, talento e caso. Ai tempi in cui studiava ancora alla famosa St Martins School di Londra, Nicholas incontra a un party in una nota località sciistica il geniale creatore di cappelli Philip Tracey. L'intesa è immediata e Kirkwood diventa prima l’assistente di Tracey, poi venditore nel suo atelier. Lavorando al suo fianco intuisce che il suo destino corre su un paio di tacchi a spillo. Nicholas a questo punto non ne fa un mistero: l’obiettivo è spodestare il trono occupato dai Maestri Manolo Blahnik e Christian Louboutin. "Vorrei diventare un marchio di lusso", dichiara senza troppi misteri. E c'è riuscito: il successo dei famosi stiletto nero azzurri, pone Nicholas nella ristrettissima cerchia di quegli artisti che fanno scarpe belle come poesie trovando sempre il metro giusto. Scarpe delle quali sono noti solo due problemi: il prezzo e la portabilità. Perché, al di là della perfezione delle forme, le scarpe di Nicholas Kirkwood sono così mondane e costose da rappresentare un culto, e una sfida. A proposito di questo lui ha qualcosa da dire: "Premetto che con 'dire' intendo disegnare: bene se si ha qualcosa da dire, bisogna dirlo con convinzione, altrimenti è meglio tacere“. I suoi bozzetti sembrano quelli di un architetto: tratti forti e rapidi, segni marcati e niente incertezze. "Si tratta sempre e solo di trovare la giusta silhouette", spiega Kirkwood, "nulla di più che una linea, ma perfetta“. Sculture oscillanti che trasformano una donna in una dama. Ma la democrazia, in fatto di moda, è e resta il faro da seguire. Alla stampa Nicholas ripete volentieri che il suo scopo è che anche l’impiegata di banca trovi nelle sue collezioni la scarpa adatta. Confida che il suo sogno ricorrente, prima della celebrità, era star seduto in un caffè e veder passare una bella donna con ai piedi un suo paio di scarpe: "Nella realtà non è ancora mai capitato“. La parabola di Kirkwood ha però anche una spiegazione molto pratica: impegno e lavoro quotidiano senza sconti. Solo così un sogno diventa realtà. Sei anni di lavoro forsennato e una settimana di vacanza. "Non credo alla teoria secondo la quale tutto sia già stato fatto e pensato. A dirlo sono i pigri, di qualunque ambito creativo". Per questo ha disegnato e realizzato scarpe senza sosta, bozzetti, prove, modelli finiti, di giorno e di notte. La sfida era realizzare quanti più modelli possibili e venderne il più possibile, prima di vendere sé stessi. L’eterno gioco di equilibrio tra avant garde e commercio, portabilità e casualità, che non tutti padroneggiano così bene come Kirkwood.



di Simone Porrovecchio
Fonte: http://d.repubblica.it/
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