Conversando con Cinzia Tani
Prima intervista con Cinzia Tani che apre la collana racconti d'autore e ci spiega il perchè di questa nuova avventura letteraria
di Francesca Salerno
Il filo conduttore e motore della narrazione il colore rosso rimanda fortemente alla passionalità e alla carnalità della vita. Spiegaci le ragioni di questa scelta.
Mi sono ispirata per il titolo al film di Spielberg, Schindlers’list, interamente girato in bianco e nero salvo alcune macchie di colore e il finale tutto a colori. Ricordiamo bene il cappottino rosso di una bambina che cerca di sfuggire al rastrellamento dei nazisti nel ghetto di Varsavia mentre uomini e donne vengono trucidati dalle SS… A volte in un racconto ciò che conta è un dettaglio. Qualcosa che non verrebbe nemmeno notato se l’autore non lo sottolineasse, come ha fatto Spielberg con il colore rosso. O come ha fatto Proust con la sua madeleinette. Un semplice biscotto inzuppato nel tè se lui non dichiarasse che proprio il gusto di quel biscotto è il filo che lo riporta al suo passato e quindi alla ricerca del tempo perduto. Quindi in questi racconti ho sottolineato in rosso alcuni dettagli che hanno un’importanza particolare nella narrazione, della quale in alcuni casi il lettore si accorge soltanto alla fine.
I racconti hanno spesso al centro il rapporto complesso uomo-donna, spesso espresso dall'incomunicabilità, un "male" tutto contemporaneo...
I racconti hanno al centro una figura di donna moderna e quindi necessariamente anche il suo rapporto con l’uomo. Non credo che l’incomunicabilità tra i sessi sia un male tutto contemporaneo. Penso che nel passato fosse molto più difficile trovare complicità e condivisione tra i sessi. Apparentemente la situazione sembrava più tranquilla perché la donna si accontentava del suo ruolo di secondo piano o di secondo sesso come ha scritto Simone De Beauvoir. Oggi l’incomprensione è passata su altri binari. La donna pretende di più (ascolto, soddisfazione, parità, affermazione) e l’uomo entra in crisi. Ma in questi racconti le donne non sono vittime di uomini, piuttosto di se stesse. Sono donne pesanti, (appesantite da paure, sensi di colpa, timidezze, insicurezze, fragilità) che improvvisamente trovano il coraggio (in un pretesto, un’occasione, un dolore, un ricordo) di riscattarsi. Di fare un colpo di testa e diventare improvvisamente leggere. C’è anche chi non ce la fa, la donna che cerca di fuggire dalla sua gabbia ma il desiderio d’amore la trattiene dentro. E c’è colei (un omaggio ad “Assassine”) che trova nell’omicidio l’unica via di fuga.
Alla dialettica fra i sessi si aggiunge il tema difficile della "solitudine metropolitana" di cui la donna è sempre più vittima. I tuoi racconti ci parlano di una figura femminile diversa, che si pone al centro (e ne è in qualche modo artefice) di cambiamenti sociali e sentimentali...
La metropoli è ambivalente. Può emarginare la donna ma può anche accoglierla. La metropoli è movimento, colore, suoni, vita. Tutto sta a non porsi in contrasto con tutto questo ma parteciparvi, ognuna nel suo piccolo. La protagonista de “Le regole del gioco” è una donna molto sola nonostante sia sposata. Nella città in cui vive, sceglie una donna che considera “vincente” quanto lei si definisce “perdente” e si infila nella sua vita. Solo troppo tardi si rende conto di essersi infilata in un incubo dal quale è difficile uscire integri. In questo racconto sembra che la città abbia un’anima perversa, che ostacola la protagonista nel suo progetto di salvezza.
Uscendo per un attimo dal libro, Cinzia Tani, scrittrice, giornalista ma anche esperta e studiosa di misteri soprattutto se legati al "giallo" (ci riferiamo ad Assassine, Nero di Londra, ecc...). Una personalità poliedrica e una carriera ricchissima, ma in quali di questi ruoli ti ritrovi di più?
Per quanto riguarda il giallo, non ho mai avuto una vera passione per la cronaca nera fino a quando non ho avuto l’idea di scrivere Assassine. Il mio desiderio era quello di trattare un tema quasi mai affrontato in Italia: il racconto degli omicidi commessi dalle donne. La maggior parte degli studiosi del fenomeno e dei criminologi erano uomini ed è sempre stato difficile per loro ammettere l’esistenza del crimine femminile. L’omicidio femminile veniva considerato un’aberrazione, qualcosa di cui non parlare, da trascurare. La donna era colei che dava la vita non l’essere che la toglieva. O almeno così doveva essere considerata. Per questo ho cominciato a interessarmi all’omicidio femminile, come fenomeno marginale ma importantissimo nell’ambito del delitto. Ho fatto ricerche, acquistato libri, trovato atti di processi, scelto le storie. Ho iniziato un percorso. Da allora sono diventata un’esperta, una storica del delitto. Ho continuato a raccogliere materiale e a scrivere libri su altri fenomeni legati al delitto, le coppie, i serial killer, gli omicidi passionali. Oggi la cronaca nera mi interessa davvero, perché la capisco, perchè ho gli strumenti per leggerla. La narrativa, invece, è stata la mia passione e vocazione fin dall’infanzia e ci sono tornata con l’ultimo romanzo, L’insonne. Poiché lo considero la cosa migliore che ho fatto finora in ambito letterario questo sarà il mio percorso futuro, il romanzo di impianto classico, direi epico, con un forte intreccio e uno sfondo storico. Alla Rai sono autrice e conduttrice di programmi culturali. Ho cominciato quasi vent’anni fa con i collegamenti esterni di Mixer Cultura e oggi le mie trasmssioni (Il Caffè, Visioni private, FantasticaMente) sono proprio quelle che mi piacerebbe vedere da telespettatrice. Programmi di approfondimento culturale, di riflessione, di informazione. Programmi che stimolano la mente, che rispondono alle domande, che perseguono la qualità e l’impegno. Quindi, in definitiva ciò che mi interessa in tutti i campi è: approfondimento, ricerca, narrazione.
Dopo i tanti successi raggiunti, si scrive ancora per passione, per istinto? E poi, visti le tante polemiche degli ultimi mesi, come vede il ruolo di una scrittrice e giornalista "donna" oggi?
Il successo non è un punto d’arrivo. Per me il successo è una e-mail di un ragazzo che mi dice che il suo anziano padre ha amato così tanto il mio ultimo romanzo che adesso le serate gli sembrano vuote. Ed è chiaro che episodi del genere aumentano la passione con cui si lavora. A proposito della donna, oggi la cultura ha un fruitore soprattutto femminile, libri, teatro, mostre... Nei miei corsi di scrittura si iscrivono soprattutto donne, alle lezioni che tenevo all’università venivano soprattutto ragazze, così alle presentazioni di libri (anche quelle che si svolgono di sera), o alle conferenze ecc. Le donne hanno sete di sapere, di fare, di provare, e credo che in questo momento si stiano impegnando molto più degli uomini. Il divario che purtroppo ancora esiste in alcuni settori (per esempio la politica) fra posti occupati dagli uomini e posti occupati dalle donne non lo trovo in campi come l’arte, la letteratura, lo spettacolo... La donna pubblica come l’uomo, vince premi letterari e non mi sembra che ci siano discriminazioni da parte dei lettori. Personalmente mi piacciono le donne impegnate, nel sociale, nella cultura, nella politica. Ma che non siano aggressive come purtroppo accade sempre più spesso. Che non siano esibizioniste, arriviste, pronte a tutto per un contrattino tv o una parte in una fiction senza aver mai fatto una scuola di recitazione. Mi piacciono le donne che studiano, approfondiscono, si danno da fare, faticano, soffrono per ottenere qualcosa.
Fra i tanti impegni, insegni spesso in corsi di scrittura creativa, un consiglio, il più importante, per gli scrittori emergenti...
Lo dico sempre nei miei corsi. Che l’aspirante scrittore legga molto mi sembra scontato ( a volte purtroppo vengo smentita) ma la cosa importante è rileggere. Scegliere degli autori guida e studiarli. Cercare di individuare cosa fa di loro degli Scrittori. E poi prima di gettarsi a scrivere un romanzo, avere un’idea convincente, convivere con quell’idea, giocarci, capire se ha fiato per sostenere un percorso lungo quanto quello di romanzo. Infine correggersi cento, mille volte. Non essere mai soddisfatti. Alla fine di un viaggio che deve essere molto faticoso e anche doloroso (se non lo è stato, diffidare di ciò che si è scritto) si può presentare il lavoro a qualcuno.
In conclusione "Rosso" inaugura la collana "Racconti d'autore" di una piccola casa editrice. Cosa significa per un'autrice importante come te quest'esperienza?
Mi sono accorta subito della presenza nel mondo editoriale della Giulio Perrone Editore. Ne parlavo con i miei studenti come di un esempio da seguire. Un gruppo giovane ma molto impegnato, con molte idee e la serietà giusta per realizzarle in modo concreto. Per questo sono contenta di inaugurare questa collana di racconti d’autore. I giovani riscoprono il racconto, forse proprio grazie alle scuole di scrittura creativa. Il racconto è la realizzazione più immediata di un’idea. Nei ritmi frenetici della vita contemporanea un racconto può trovare sempre il suo spazio di lettura. Può rendere costruttiva un’attesa, semplicemente divertire, o diventare lo stimolo per una riflessione importante, per una scelta.
(tratto da
www.giulioperroneditore.it/main.php?sezID=11&cod=1203)